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Ugo Volli
Cartoline
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Dalla propaganda antisemita al coltello degli assassini 22/02/2016

Dalla propaganda antisemita al coltello degli assassini
Cartoline di Eurabia, di Ugo Volli

E destra: la propaganda dei media trasforma i terroristi palestinesi in colombe di pace

Cari amici,

in seguito a qualche mia cartolina in cui criticavo certe polemiche su Israele, soprattutto da parte ebraica, che mi sembravano sbagliate e velenose, mi è capitato di ricevere molte approvazioni, repliche per lo più garbate e ragionevoli, ma da parte di mediocri traffichini e burocrati anche livide e isteriche (“mascalzone”... “demente digitale”... censore che vuole “impedire al pubblico di sapere” perché lo considera “minorenne”... figuriamoci, non sono mica io che dirigo l'imitazione della Pravda...). Anche ignorando reazioni così scomposte, che dimostrano un'evidente coda di paglia, mi sembra opportuno chiarire e spiegare la mia posizione.

In particolare mi hanno chiesto: ma secondo te è possibile discutere le politiche del governo di Israele? e giudicare i politici israeliani, si può? Rettificare le informazioni fornite, smentire la versione ufficiale dei fatti, insomma fare controinformazione su Israele, è lecito? Si possono tirar fuori i panni sporchi? E non sarebbe compito di Israele “faro delle nazioni”, esempio per tutti?

Devo proprio rispondere? Va bene, lo faccio. La risposta è sì, tre volte sì alle prime domande. Il dissenso è lecito in Israele, che è una democrazia, anzi la sola democrazia nell'immenso spazio fra il Marocco e l'India, il Mediterraneo e gli oceani meridionali. Figuriamoci se non si può dissentire dal di fuori. E se non si può parlar male di questo o quel politico, di questo o quell'episodio. Sappiamo tutti che accade continuamente. Ed è meglio che sia così: uno stato, un governo, dei politici e una storia avvolti nel timor reverenziale non solo sono più deboli, ma anche meno giusti, meno meritevoli di essere difesi.

Immagine correlata
In questa vignetta antisemita l'ebreo è raffigurato come fungo velenoso

Tributato così il giusto riconoscimento della verità e del diritto di critica, lasciatemi però indicarvi l'altro piatto della bilancia. Lo farò sottolineando due aspetti della questione. La prima argomentazione è ovvia, vale per tutti, ma necessita di essere sottolineata per quanto riguarda Israele. Il popolo ebraico è una realtà storica. Ha avuto delle visioni del mondo, o se volete ha ricevuto delle rivelazioni di altissimo livello. Il monoteismo, il rapporto fra etica e religione, la necessità di un sistema di vita collettivo, oltre che individuale, che garantisca la giustizia si è affermato nella storia grazie alla tradizione ebraica. Ma Israele, lo ripeto, è una realtà storica, non mistica, è fatto da persone reali, non da angeli. E' sempre stato imperfetto, talvolta terribilmente inadeguato; fra gli aspetti più interessanti della Bibbia ebraica, anche se la si confronta con quel “Nuovo Testamento” che il cristianesimo definisce come sua continuazione, vi è proprio il grande realismo nel descrivere la condizione umana individuale e collettiva. Non vi si leggono personaggi perfetti senza macchia, neanche i più grandi fra i patriarchi e i profeti. A maggior ragione questo vale nei nostri tempi, quando il realismo storico è un requisito generale di ogni racconto verosimile. E' normale che in situazioni difficili come la guerra e il contrasto del terrorismo non tutto possa filar liscio, che vi siano errori e debolezze. Chiedere ragione a Israele dei suoi senza farlo con gli altri è una discriminazione inaccettabile, ma sistematica. Chi si sente superiore moralmente perché dal comodo osservatorio di casa propria, fa notare che l'autodifesa di un popolo assediato non sempre è condotta in maniera tale da minimizzare i danni, dice semplicemente una sciocchezza o (speriamo senza saperlo) si allinea alla propaganda dei nemici. Bisogna dare tempo alla storia; per molti versi l'Israele attuale è già un esempio per i popoli; la sua capacità di resistenza, la sua inventiva, il suo amore per la sua identità sono ammirati da molti, anche fra i nemici. Certo, vi sono contraddizioni e difficoltà, in particolare per quanto riguarda il modo di vivere la tradizione religiosa. Si sono ampliate negli anni le contraddizioni più stridenti a questo proposito, fra un laicismo che odia la Torah e gli estremisti che la praticano meccanicamente e con intolleranza. Ma anche su questo bisogna avere fiducia e pazienza, sapendo che si tratta di recuperare un blocco millenario.

La seconda ragione è che questa propaganda per l'appunto esiste, è massiccia ed è anche qualcosa in più della semplice propaganda, è uno strumento fondamentale della guerra contemporanea. E' difficile per chiunque, anche per le superpotenze, distruggere Israele sul piano militare. Quel che gli antisemiti cercano di fare è innanzitutto isolarla, diffamarla, renderla odiosa. Per questa ragione il fronte principale di guerra è oggi quello dell'informazione. E in questa guerra postmoderna si devono vedere i nemici, gli attentatori, i guastatori con la stessa attenzione con cui si guardano gli attentatori fisici. Una frase su un giornale non è meno di uno sparo, quando lo giustifica. Chi applica a Israele la mitologia dell'antigiudaismo medievale non è meno colpevole di chi accoltella una ragazza; chi incoraggia i terroristi condivide la loro responsabilità.

Certo, l'opinione è libera, qui come in Israele, Ma anche la critica di questa opinione.

Immagine correlata
Ugo Volli


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