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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024

Luglio 2014

I Fratelli Musulmani: Veri Moderati?






I Fratelli Musulmani: Veri Moderati?


Il logo della Fratellanza Musulmana: un Corano, due spade e la scritta "wa-a'iddu", "e preparate" dal Corano 8:60, "e preparate contro di loro forze e cavalli quanto potete per terrorizzare il nemico, che voi ancora non conoscete ma che Dio conosce".

  • La Fratellanza Musulmana è un movimento politico pan-islamista, nato nel 1928 in Egitto in opposizione ai movimenti di democratizzazione e secolarizzazione.

Hassan al-Banna, fondatore della Fratellanza Musulmana

  • Come movimento politico islamista, la Fratellanza Musulmana si propone di instaurare un regime islamico attraverso le forme istituzionali anche occidentali. Pur non opponendosi formalmente alle forme politiche occidentali, i Fratelli Musulmani predicano un ritorno all’Islam originario.
  • L’organizzazione ha una vocazione sociale, impegnandosi in diverse opere caritatevoli che hanno permesso un’ampia diffusione tra gli strati più bassi della popolazione.
  • La Fratellanza Musulmana si diffonde rapidamente nel Nord Africa, in Medio Oriente e in Russia. I regimi totalitari reprimono il movimento che pone in pericolo il potere secolare, così come le monarchie islamiche wahhabite, il cui potere assoluto è attaccato dai Fratelli Musulmani come anti-islamico.
  • La repressione nei Paesi arabi ha causato un esodo dei leader dei Fratelli Musulmani in Europa, dove si sono diffusi tra gli immigranti musulmani stabilendo una rete di moschee, scuole coraniche e organizzazioni caritatevoli.

Mohammed Morsi, leader egiziano dei Fratelli Musulmani

  • Dopo le rivoluzioni arabe, i Fratelli Musulmani sono saliti al potere in Egitto e Tunisia grazie al consenso popolare costruito negli anni, ma non avendo mai acquisito abilità di governo, hanno fallito nell’apportare le riforme che il popolo chiedeva più dell’identità islamica dello Stato.

Rachid al-Ghannouchi, leader tunisino dei Fratelli Musulmani

  • L’islamismo pacifista dei Fratelli Musulmani ha attirato il consenso dei leader europei, ansiosi di instaurare un dialogo con l’Islam soprattutto dopo l’11 settembre. Tuttavia il pacifismo della Fratellanza, che usa la lingua dei diritti umani e delle libertà, mira a obiettivi puramente islamici.
  • La rete islamista sociale dei Fratelli Musulmani è la principale responsabile della diffusione del jihadismo, attraverso la radicalizzazione delle giovani generazioni di immigrati i cui genitori sono spesso integrati e laici.

Ibrahim Munir, leader dei Fratelli Musulmani in Gran Bretagna

  • Le spesso poco chiare connessioni col mondo jihadista hanno spinto il premier britannico Cameroon ad aprire un’inchiesta sulle attività dei Fratelli Musulmani in Gran Bretagna.
  • Le posizioni apparentemente moderate e l’immagine occidentalizzante hanno reso i Fratelli Musulmani e le associazioni a loro legate i primi partner istituzionali nel dialogo tra i governi europei e il mondo islamico, potendo diffondere la loro rete, acquisire fondi e potere proprio grazie ai governi europei.





Intervista a Valentina Colombo




Ricercatrice di Storia dei Paesi Islamici all'Università Europea di Roma e Senior Fellow alla European Foundation for Democracy di Bruxelles

Che impatto hanno avuto le Primavere Arabe in Europa?
Le cosiddette primavere arabe hanno avuto come primo effetto lo sdoganamento dei Fratelli Musulmani. Il presidente Ben Ali lascia Tunisia nel 2011, e le principali testate della stampa europea e occidentale in generale iniziano a intervistare l’opposizione, che non è quella laica locale, ma è l’opposizione degli “estremisti moderati”, per usare il comune ossimoro, ovvero i Fratelli Musulmani, che si trovavano in Europa. Il primo esempio è la BBC1, che intervista Ghannouchi, leader tunisino dei Fratelli Musulmani in esilio a Londra.
È evidente che lo sdoganamento dei Fratelli Musulmani nel mondo islamico e in Occidente ha rafforzato la rete della Fratellanza Musulmana in Europa e in Occidente. Ciò significa che tutte le associazioni che riuniscono le cosiddette “comunità islamiche”, in Gran Bretagna, Italia, Francia e altri Paesi, diventano i referenti istituzionali nel momento in cui si parla di Islam.

Si riferisce ai Consigli Islamici, alle Unioni delle Comunità islamiche che sono divenute il referente per il dialogo con le istituzioni nei Paesi europei?
È fondamentale comprendere che sono semplici associazioni e non vere comunità come si possono intendere le comunità cattoliche o cristiane. Sono associazioni denominate comunità. L’Islam una religione che fisiologicamente non ha un’autorità come il Papa per i cattolici, che non ha sacerdoti: gli imam sono guide della preghiera. Tuttavia la proiezione occidentale del concetto di comunità sulle associazioni islamiche fa sì che le organizzazioni e i loro capi, gli imam, diventino a questo punto delle autorità, loro malgrado.

Qual è la conseguenza nella politica dei Paesi europei?
Le associazioni si sono rafforzate perché sono diventate i referenti delle istituzioni, esercitando un’attività di lobbying su di esse. Questo ha avuto un effetto politico di estrema rilevanza, perché è stato sdoganato un Islam che non è rappresentativo e che ha degli scopi ben precisi, ossia di arrivare al potere, per poter poi instaurare un regime islamico, pur agendo in maniera moderata.

Quindi l’Islam moderato di cui si parla non è moderato?
C’è un insieme di parole che si usano per parlare di Islam che sono fuorvianti perché fanno riferimento a un sistema concettuale occidentale estraneo all’Islam. La moderazione per i Fratelli Musulmani significa solo gradualità. L’Occidente ha dato autorità potere a persone che non sono rappresentative e che hanno una ben precisa strategia a livello globale. Come ha detto Churchill, abbiamo dato da mangiare al coccodrillo nella speranza che ci mangi per ultimi.

Questo errore politico a cosa è dovuto?
C’è una ragione a tutto questo che non è mai stata esplicitata ed esternata, facilmente intuibile. In Occidente, cioè in Europa e negli Stati Uniti, si sa benissimo che la maggior parte delle moschee sono controllate dalle associazioni vicine ai Fratelli Musulmani e quindi si è scesi a patti. Un accordo molto chiaro, lucido e ingenuo: voi ci controllate le moschee in Europa e negli Stati Uniti, controllate anche le moschee in mano ai salafiti di modo che la nostra sicurezza interna sia garantita, e dall’altra parte del Mediterraneo avete carta bianca. Ma questo patto si può trasformare in un’arma a doppio taglio, poiché ha dato via libera alla diffusione dell’Islam radicale.

Sembra però che la diffusione dell’Islam radicale abbia subito una battuta d’arresto.
In Egitto la cosiddetta primavera araba è finita con la sollevazione popolare degli egiziani che scendono in piazza contro Morsi, il presidente dei Fratelli Musulmani. 30 milioni di egiziani, che corrispondono a 10 milioni in più rispetto a quelli che avevano votato Morsi, sono scesi in piazza a protestare contro i Fratelli musulmani, che vanno al potere perché sono gli unici a esser radicati sul terreno, con un’ampia rete sociale tra gli strati più bassi della popolazione – con moschee, istituti educativi e organizzazioni caritatevoli che si sono guadagnati i voti distribuendo pane e generi di prima necessità tra i poveri. In sostanza, i Fratelli Musulmani si sono trasformati in Egitto nella principale ONG del Paese, e quando il dittatore Mubarak è stato cacciato, erano gli unici ad avere un consenso “pagato” con attività caritatevoli. La loro azione sociale è stata definita il “jihad umanitario”, che ne ha fatto il partito vincente.

Ciononostante i Fratelli Musulmani sono stati “deposti”.
Una volta al potere, la popolazione si rende conto che nulla cambia, e che il nuovo regime oltre a non fare nulla, mostra la loro vera faccia, cioè la controparte islamica della dittatura che c’era prima. Dopo aver agito da mediatore tra Israele e Hamas, Morsi ha voluto concentrare su di sé tutti i poteri, dimostrando quali erano le sue vere intenzioni. Al-Sisi, al contrario, è considerato affidabile e nonostante non sia un regime democratico, forse farà il bene dell’Egitto.

Anche in Tunisia i Fratelli Musulmani non sono riusciti a mantenere il potere.
La Tunisia è però un caso diverso. Dopo l’indipendenza del Paese, il presidente Habib Bourguiba ha propugnato la laicità; era pur sempre una dittatura, ma l’associazionismo della società civile, femminista e dei diritti civili, si è ben radicato. Rispetto all’Egitto la società era molto più aperta alla cultura laica con una tradizione politica che si è radicata fin dall’800, con persone che preferiscono un Islam riformato e aperto. Ma i Fratelli Musulmani vincono perché sono organizzati a livello sociale.

Come hanno reagito di fronte al fallimento?
Rashid al-Ghannouchi, il leader tunisino dei Fratelli Musulmani, è l’esempio di un islamista pragmatico; sa che in certi momenti bisogna indietreggiare per saltare meglio, quindi esce dal governo, e si propone come mediatore politico. A maggio 2014, il quotidiano Al-Sharq Al-Ausat pubblica un’intervista in cui Ghannouchi dice che Fratelli Musulmani perdono il potere per grande ingenuità. I Fratelli Musulmani sono pragmatici; per loro la moderazione è gradualità, e questo atteggiamento lo si può notare anche nella politica di Erdogan in Turchia. Il caso della Tunisia conferma che i Fratelli Musulmani sono un movimento globale, con obiettivi comuni ma con anime diverse, che adottano strategie politiche diverse secondo i Paesi e i contesti, ma vogliono tutti arrivare a instaurare lo Stato islamico.

E in Europa come si collocano i Fratelli Musulmani?
In Gran Bretagna, il premier Cameroon ha inviato un’inchiesta sui Fratelli Musulmani subito dopo la loro diffusione. Ibrahim Munir, il leader dei Fratelli Musulmani in Gran Bretagna, ha rilasciato varie interviste in cui sosteneva che i Fratelli Musulmani sono sempre stati trasparenti, con buone relazioni con le istituzioni e col mondo politico. È un’affermazione straordinaria! Per anni l’Europa ha considerato come referenti le associazioni islamiche che sono ideologicamente schierate coi Fratelli Musulmani, e non si può allora improvvisamente considerarli terroristi, perché così l’Occidente perde la credibilità. Ciò che Munir diceva in sostanza è: siamo stati vostri alleati fino a ieri perché allora ora siamo considerati terroristi?

Ci sono altri Paesi in cui i Fratelli Musulmani sono forti?
A Maggio si è ventilata la possibilità di trasferire il quartier generale dei Fratelli Musulmani da Londra in Austria. La notizia è stata poi smentita, ma è un segnale da non sottovalutare. L’Austria è l’unico Paese che dal 1812 ha una legge per l’Islam, che è dunque una comunità protetta con diritto all’associazionismo in quanto religione riconosciuta dallo Stato. L’Austria diventerà, e lo è già in parte, un Paese chiave per l’Islam in Europa. Si sta ora parlando di riformare e di rivedere la legislazione, che era stata studiata per assimilare i bosniaci nell’esercito dell’Impero di Francesco Giuseppe, ma ora ha a che fare con l’Islam contemporaneo. E non è un caso che le associazioni che si sono opposte alla riforma siano quelle ideologicamente schierate con i Fratelli Musulmani.

In che senso pensare ai gruppi islamici in termini di comunità è un problema?
Fino a quando non si cancellerà dalla mente dell’Occidente la ricerca continua di una fantomatica e mai esistita “comunità islamica”, i Fratelli Musulmani avranno l’Europa in mano. Loro sono i veri sostenitori del concetto di comunità islamica, laddove la comunità islamica dopo la morte di Maometto si è frantumata e laddove soprattutto i musulmani in Europa hanno provenienze diverse. Quindi cercare un’inesistente comunità islamica significa forzare le diversità linguistiche e culturali, facendo il gioco dei Fratelli Musulmani ed escludendo soprattutto i movimenti laici che non si riconoscono nelle associazioni religiose. Il nodo è proprio distruggere l’idea di comunità, che è occidentale e non si adatta al mondo islamico.

Il secondo effetto delle “primavere arabe” è il risveglio del jihadismo.
Il jihadismo è conseguenza naturale delle rivoluzioni. I Fratelli Musulmani sono solo la punta dell’iceberg, ma legittimandoli, si sono anche sdoganati tutti i movimenti che non sono che l’altra faccia della medaglia della Fratellanza Musulmana, quella che io chiamo “l’estrema destra islamica”, cioè i salafiti. I jihadisti sono funzionali ai Fratelli Musulmani: poiché i jihadisti, salafiti, sono estremisti nudi e puri, è quindi chiaro che i Fratelli Musulmani sono automaticamente moderati, perché ufficialmente non promuovono la violenza. È chiaro che i Fratelli Musulmani hanno bisogno dei salafiti e dei jihadisti per due motivi: in primo luogo per apparire degli straordinari referenti moderati e, in secondo luogo, ne hanno bisogno anche perché pur condividendone gli obiettivi, non vogliono “sporcarsi le mani”.

Pur non promuovendo la violenza, i Fratelli Musulmani approvano il jihadismo?
Il via libera a un atto jihadista può partire da una dichiarazione di una guida dei Fratelli Musulmani, che forniscono l’approvazione mentre il lavoro sporco viene eseguito dagli altri. Tutto ciò si stenta a capire: gli obiettivi dei cosiddetti moderati e dei jihadisti sono gli stessi. Un esempio: l’ISIS ha l’obiettivo di instaurare uno Stato Islamico in Iraq e Siria, proprio in sintonia con ciò che la guida suprema dei Fratelli Muslmani, Mohammed Mahdi Akef, ha dichiarato alla TV norvegese qualche mese fa: l’obiettivo dei Fratelli Musulmani è la creazione di uno Stato Islamico Universale; l’unica differenza è che la Fratellanza Musulmana può raggiunger questo scopo per vie democratiche e senza limiti di tempo, mentre l’ISIS vuole lo Stato Islamico ora e qui.

L’Europa non comprende questa sottile differenza di mezzi ma non di scopi? Per nulla! Basterebbe comprendere il motto e il logo dei Fratelli Musulmani, che è rappresentato da un Corano, sotto al quale ci sono due spade – un simbolo molto indicativo – e sotto le due spade c’è “wa-a’eddu”, “e preprate”. Il motto è una citazione dal Corano 8:60: “e preparate contro di loro forze e cavalli quanto potete per terrorizzare il nemico – la parola che traduce terrorismo in arabo, “irhab” – che voi ancora non conoscete ma che Dio conosce”. L’Occidente deve decidere di affrontare la realtà oppure resterà sempre prigioniero dei Fratelli Musulmani.

Anche i jihadisti si rafforzano in Europa?
Sappiamo che il jihadismo è diffuso in Europa – il recente massacro al Museo Ebraico di Bruxelles è un esempio – ma c’è anche un altro fenomeno: migliaia di combattenti sono partiti dall’Europa per la Siria e ora vanno in Iraq. I Fratelli Musulmani si diffondono in Europa soprattutto tra i giovani, che sono il loro primo obiettivo, attraverso associazioni islamiche studentesche. La loro attività sociale crea nei giovani un’identità schizofrenica. L’ho vissuto in prima persona a un incontro cui ho partecipato a Verona, dove una ragazzina con il velo tipico delle donne dei Fratelli Musulmani, con accento veneto, mi dice: “io voto an-Nahda in Tunisia”, cioè il partito della Fratellanza Musulmana.
Non è frutto della predicazione del jihad, ma è una schizofrenia identitaria, tra un Paese dove vivono occidentale, e un’identità islamica radicalmente diversa, che può portare con il passare delle generazioni ad avere un passaggio verso il jihad. Attraverso la predicazione di questa schizofrenia abbiamo bombe a orologeria che magari non scoppieranno, ma che possono saltare in aria. L’italiano morto in Siria è un esempio di questa schizofrenia in cui sono cresciuti i giovani musulmani, come il caso di Bruxelles.

Qualcosa si sta muovendo in senso positivo?
Qualcosa è cambiato, perché sic percepisce che il pericolo si avvicina, ma mancano l’onestà e la preparazione per comprendere questo fenomeno. Il terrorismo compreso e spiegato come resistenza è il migliore esempio. Un qualsiasi membro dei Fratelli Musulmani condannerebbe pubblicamente il terrorismo, perché gli si chiede se approva la violenza, ma la domanda da porre è “cosa intendete per terrorismo?”. La risposta che si avrebbe è una condanna al terrorismo, ma la resistenza è lecita! Sono sfumature fondamentali che non si vogliono cogliere, perché non si analizzano i contenuti. Quando i Fratelli Musulmani parlano di moderazione, come dicevo, intendono solo gradualità; per loro la libertà significa “libertà islamica”, ossia una libertà da vivere entro i limiti posti da Dio, che non prevede, per esempio, il cambio di religione perché vietato dalla shari’a. Non si deve cadere nella trappola dei falsi amici: le parole sono le stesse ma i contenuti sono diversi e per questo si sbaglia credendo di parlare la stessa lingua.

Il multiculturalismo è stato funzionale nel radicamento degli estremisti islamici. Vede una falla nelle teorie dei diritti umani e del pluralismo?
Il primo errore è pensare che ci possano essere dei diritti umani universali. Esiste una dichiarazione dei diritti umani del Cairo, del 1998, che spiega cosa sono i diritti umani per l’Islam. Nella dichiarazione del Cairo, l’art. 11 recita che l’Islam è la religione naturale dell’uomo, per cui vi è il presupposto che tutta l’umanità sia in origine musulmana e poi in diversi ambienti le culture e religioni si sono modificate. Non è un caso che l’Islam non abbia un rito d’ingresso post-nascita, perché chi nasce da padre musulmano, è automaticamente musulmano senza poter cambiare il proprio credo.
La sudanese Maryam Yahya, di padre musulmano e madre etiope cristiana, che cresce con la madre nel credo cristiano poiché abbandonata dal padre, si è spostata con un cristiano da cui ha un figlio. È stata arrestata perché vietato dalla shari’a! Il diritto umano nell’Islam è completamente diverso dal nostro concetto, e l’errore in cui si cade in Occidente è cercare delle affinità con chi invece le differenze le chiarisce nettamente.
In nome di una tolleranza, del rispetto dell’altro, si accettano e giustificano atteggiamenti che anche all’interno del mondo islamico si vogliono combattere! È un fenomeno complesso e perverso perché il relativismo culturale è affine all’Islam, come si può evincere dai documenti ufficiali che escono dall’Organizzazione della Conferenza Islamica: per esempio, si condanna il terrorismo, si proclamano i diritti, ma poi non si garantiscono le libertà e si promuove la violenza.

L’Occidente ha sbagliato nel sostenere i Fratelli Musulmani, ma quali possono essere le alternative?
Ho studiato molto le alternative all’Islam radicale e mi sono soffermata sul pensiero laico, più vicino a noi, ma purtroppo la compagine laica è un tassello importantissimo soprattutto per la riflessione sui diritti e sulle categorie politiche, ma nel mondo islamico praticante, non solo estremista, i laici vengono visti come estranei, mentre gli estremisti li accusano di apostasia. L’altra strada da percorrere è trovare all’interno dell’Islam praticante dei teologi che attraverso una via islamica raggiungano gli stessi risultati dei laici.

Un esempio?
Gamal al-Banna, il fratello minore di Hassan al-Banna, fondatore dei Fratelli Musulmani, è un pensatore straordinario, un teologo islamico che arriva a dire, partendo dalle fonti, che velo integrale è un delitto, in arabo “garima”, e che il foulard non è islamico, ma è una tradizione che si può seguire solo se la donna lo sceglie. Gamal Al-Banna vuole salvare l’Islam dal dentro: ha scritto testi di diritti umani, ha criticato i Fratelli Musulmani. È stato molto coraggioso nell’usare la tradizione islamica per dimostrare che c’è un’altra via!
Questi teologi, veramente moderati, esistono, sono accusati di apostasia, isolati ed emarginati. È però un’altra via da seguire perché non può essere accusata di non-islamicità, quindi è importante appoggiare i laici, ma è ancor più importante sostenere chi dall’intero, riferendosi alle fonti cerca di salvare l’Islam. I laici si muovono all’infuori dell’Islam, e mancano di un vero contatto con la base, usano un linguaggio che alla massa non arriva, richiedendo una decodificazione popolare del loro messaggio.
Ma l’Occidente non li finanzia e non aiuta a trasmettere il loro messaggio. Un intellettuale negli anni 1980 che aveva scritto testi profetici sui Fratelli Musulmani è stato Faraj Foda, poi ucciso dall’ala militare della Fratellanza Musulmana, che ha scritto un saggio intitolato “il terrorismo” e un altro intitolato “l’Ammonitore”, in cui scrive la tattica e la strategia dei Fratelli Musulmani. Sarebbe proprio questo ciò di cui c’è bisogno: pubblicare questi testi, far conoscere questi intellettuali, ma per ora non è per nulla semplice.





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